Lungi da noi l’intenzione, e la voglia, di fare polemiche in momenti come questi. Altre sono le priorità per l'attenzione di tutti, altri i problemi veri che ci affliggono. Ma almeno rispondere a chi tenta di farci passare per irresponsabili ci si deve concedere, perché allo stravolgimento del nostro pensiero e del nostro operato un limite dovrebbe esserci, per buon senso e buon gusto.
Farci passare per organizzazioni che farebbero ostruzionismo rispetto all’attivazione della didattica a distanza, o che non vorrebbero consentire al Ministero di dettare anche su questo le necessarie istruzioni, non solo non corrisponde al vero, ma è l’esatto contrario di quanto in realtà sta accadendo in questa vicenda e in generale in questi giorni.
Basta un esempio: le disposizioni impartite con la nota 392 del 18 marzo, nelle quali si recepisce il principio fissato nella direttiva 2/2020 (lavoro agile come modalità ordinaria nella pubblica amministrazione) sono state da noi ripetutamente sollecitate nei giorni precedenti, quando già era chiarissima la linea di comportamento da adottare per contrastare efficacemente il contagio. Non le indicazioni del Ministero, ma piuttosto la loro assenza, o il loro ritardo, abbiamo contestato!
Non ci siamo mai opposti all’organizzazione di forme di didattica a distanza, che infatti sono state immediatamente attivate in moltissime realtà; né sono mancate prese di posizione e interventi concreti da parte nostra nelle quali alla DAD non solo non viene posta alcuna obiezione, ma la si definisce risorsa preziosa, su cui intervenire efficacemente anche a emergenza superata, rafforzandone la consuetudine e le connesse necessarie competenze, come opportunità di arricchimento dell’ordinaria modalità di agire della scuola pubblica, che deve naturalmente essere quella della didattica in presenza, col valore che alla relazione interpersonale diretta va riconosciuto per l’efficacia e la qualità dell’azione educativa. Di questo atteggiamento dà testimonianza l’attivazione immediata, sul nostro sito, di una pagina che fin dal titolo (“La scuola che non chiude”) chiarisce esattamente il nostro pensiero e il nostro intento nella presente drammatica situazione.
Premesso questo, le obiezioni alla circolare 388 e la richiesta di poterla ridiscutere non sono affatto interpretabili come la pretesa di lasciare le scuole senza indicazioni: al contrario, anche in questo caso, nascono dalla necessità e dall’urgenza di dare indicazioni che tengano debitamente conto della concreta situazione in cui le scuole si trovano ad agire, offrendo realmente un contributo al superamento delle tante difficoltà e dei problemi con cui ci si misura, non innescandone di ulteriori, come è facile che accada quando prevalgono nell’organizzazione del lavoro burocratismi e fiscalismi. Non è mai bene che questo accada, men che meno quando si dovrebbe far leva sul senso di appartenenza e sulla coesione di una comunità professionale chiamata come non mai a sentirsi e ad agire come tale.
Forse non vale la pena spendere fatica per convincere di questo chi ha colto l’occasione, in questi giorni, per dare sfogo a pregiudizi e preconcetti costitutivi del suo pensiero in materia di dialogo sociale: ma un sano esercizio delle relazioni sindacali, anche e soprattutto in tempi di emergenza, non è perdita di tempo, se aiuta a rafforzare la condivisione di obiettivi e il comune sforzo per raggiungerli. La stessa Amministrazione potrebbe rendere testimonianza di come, e quante volte, essersi confrontata con le organizzazioni sindacali abbia giovato alla qualità delle sue decisioni. Ma basterebbe solo ricordare, tanto per restare all’oggi, che l’emanazione del decreto “Cura Italia” è avvenuta dopo un serrato e approfondito confronto con i sindacati di quel Governo del quale, mi si consenta la lieve ironia, anche la ministra dell’Istruzione fa sicuramente parte.
Tornando alla didattica a distanza: nella nostra presa di posizione si richiamava la necessità di tener debitamente conto di problemi non irrilevanti che pian piano stanno emergendo in tutta la loro evidenza, e che non si risolvono nascondendoli. Quelli costituiti dalla disponibilità e dalla qualità delle connessioni in rete, così come delle dotazioni a disposizione delle scuole, dei singoli docenti e delle famiglie. Variabili che stanno avendo un peso rilevantissimo, suscettibili di condizionare l’effettiva attuazione di una modalità che nessuno - proprio nessuno! - dovrebbe consentirsi di considerare, specie in un momento come questo, come bandierina da sventolare a fini di autopromozione, o come fiore da appuntare all’occhiello. Nella pagina del nostro sito, oltre a dare spazio alla presentazione di idee e progetti, a supporto di chi voglia trovarvi spunti e suggerimenti per il suo lavoro, diamo conto anche di testimonianze che aiutano a capire come la gestione della DAD sia vissuta in concreto, e non solo sulla carta, ivi compresa quella ministeriale, che dalla realtà non dovrebbe mai allontanarsi più di tanto. Se si vuole provare a orientarla al meglio, e non esserne schiacciati. Il tema della valutazione, per esempio, è terreno sul quale sarebbe indispensabile non avventurarsi in mancanza di ben più approfondite considerazioni, non riducibili certamente alla partita tra favorevoli o contrari al 6 politico. Ci sono implicazioni, come è noto, che vanno attentamente considerate sul piano giuridico, se si vuole evitare il rischio di intasare di ricorsi le aule dei TAR.
Tanto ancora ci sarebbe da dire: aggiungo solo, per qualche decisionista in servizio permanente effettivo, che il confronto su una nota ministeriale non ne avrebbe allungato irrimediabilmente i tempi di emanazione, mentre avrebbe forse contribuito a rendere il prodotto più ricco, più utile, meno esposto al rischio di innescare contenzioso su aspetti di natura giuridica, o anche sindacale, che è veramente pretestuoso pretendere di accantonare in nome dell’emergenza.
Nel dramma collettivo che stiamo vivendo, il “lasciateci lavorare” non può avere alcun senso e alcuna utilità nella scuola, se volto a far prevalere ruoli e prerogative fuori dalla dimensione, davvero necessaria, di una comune e condivisa assunzione di responsabilità da parte di tutti e di ciascuno. Nessuna concessione, per quanto riguarda la CISL Scuola, a disinvolte letture di principi costituzionali per sottrarsi al dovere di rendere per quanto possibile operativa e presente la scuola; né a interpretazioni vessatorie dei rapporti gerarchici, quasi che l’emergenza autorizzasse a fare a meno del buon senso, oltre che di norme e contratti. Che per fortuna ci sono, a dirci quali siano per ciascuno di noi diritti e doveri.
Infine: è abitudine diffusa, quando si parla dei sindacati, fare d’ogni erba un fascio. Con tutto ciò che ne consegue in termini di equilibrio e onestà di giudizio. I sindacati nella scuola sono davvero tanti. Per fortuna ci sono regole che dovrebbero consentire anzitutto di distinguerne la rilevanza. E poi, in una realtà plurale come per fortuna la nostra continua a essere, ci sono le differenze, talvolta non di poco conto, anche fra le sigle più rappresentative, oggi impegnate responsabilmente ad agire col massimo di unità. Chiedere allora di evitare schematismi e generalizzazioni, quando si parla di noi, specie se chi lo fa conosce la realtà della scuola e del sindacato, perché la vive in diretta, non è chiedere un atto di riguardo, è chiedere un atto di intelligenza.
Roma, 21 marzo 2020
Maddalena Gissi, segretaria generale CISL Scuola