2020-08-21 08:00:00

Caro direttore, a meno di un mese dalla riaperture di tutte le scuole regnano una sostanziale incertezza e confusione sulle modalità della ripartenza delle lezioni e sulle garanzie di sicurezza necessarie per gli alunni e per tutto il personale scolastico negli istituti di ogni ordine e grado. Eppure questo passaggio sarà un banco di prova importante per il Governo e anche la cartina di tornasole di come affronteremo un autunno che si preannuncia difficile e complicato per il nostro Paese. Non bastano i monitoraggi o scandire le cifre stanziate in queste settimane per il personale e per le esigenze delle Regioni. E non possiamo aspettare il 14 settembre per decidere. Manca un vero piano concreto e operativo per rendere tutti gli edifici scolastici sicuri e in grado di poter rispettare le norme puntuali dei protocolli sulla sicurezza che faticosamente abbiamo costruito e condiviso come sindacato anche nel settore della scuola. Lo abbiamo fatto anche ieri siglando un accordo importante per la sicurezza degli asili nido e le scuole di infanzia. Ma tutto questo ora va attuato in maniera seria. Alle Regioni sono stati assegnati dei fondi in maniera discrezionale per il reclutamento del personale, ma non esiste un criterio oggettivo per garantire la copertura dei fabbisogni reali dei vari istituti scolastici. Non si può scaricare la responsabilità della ripartenza delle scuole solo sui dirigenti scolastici. Sono tante le procedure che non sono state ancora avviate dal Ministero dell’Istruzione per evitare la 'solitudine' dei presidi, le preoccupazioni degli insegnanti e soprattutto la paura legittima delle famiglie.
Che cosa fare nel caso in cui un bambino risultasse avere i sintomi del Covid? Chi dovrà intervenire e tutelare la salute degli altri alunni e del personale? I dirigenti scolastici saranno in grado di garantire il rispetto delle linee guida sulla sicurezza degli edifici e gli obblighi derivanti? Sono domande cruciali che in questo momento si stanno facendo milioni di famiglie italiane e che devono trovare da parte del Governo e dalle istituzioni una risposta efficace e concreta, capace di metterci al riparo da situazioni davvero preoccupanti. Ecco perché serve il massimo coinvolgimento possibile su questa partita delicata e complessa. Ha ragione il nostro presidente della Repubblica Mattarella: l’Italia ha bisogno di avvertire fermezza di intenti, responsabilità collettive, unità sulla direzione di marcia. Tutti possiamo e dobbiamo contribuire alla ricostruzione del Paese, cogliendo il cambiamento, di cui l’Unione Europea è stata capace nella risposta alla pandemia. Ma purtroppo, come dimostra il caso emblematico della scuola, non emerge una visione chiara di ciò che dovrà diventare l’Italia dopo la catastrofe. Il nostro destino è tornato nelle nostre mani: ci salveremo dalla seconda ondata, ci risolleveremo come nazione, rilanceremo la nostra economia a seconda che prenderemo decisioni giuste o sbagliate.
La fase dell’emergenza speriamo sia finita. Ora è arrivato il momento delle scelte. Su questo si misurerà l’azione del Governo. Abbiamo letto in queste settimane ferragostane varie proposte, ricette autorevoli, altre velleitarie su come utilizzare i fondi ingenti del Recovery Fund. Ma serve un confronto serio tra tutte le forze responsabili del paese, per scegliere come utilizzare quelle somme paragonabili al piano Marshall del dopo guerra, e che il presidente del Consiglio Ue Michel ha chiamato piano De Gasperi. La politica con i suoi riti e le sue perenni divisioni non potrà gestire da sola questa fase se vuole ricercare il necessario consenso sociale sui provvedimenti. Lo diremo con molta determinazione nella nostra giornata di mobilitazione unitaria del prossimo 18 settembre. Dalla scuola alle nuove infrastrutture, dalla politica industriale alle digitalizzazione, dalla riforma fiscale alla formazione delle nuove competenze dei giovani, dal problema irrisolto del divario Nord-Sud ai nuovi ammortizzatori sociali, dai rinnovi contrattuali al potenziamento della sanità pubblica: su questi temi e sulle altre questioni cruciali occorre un vero patto programmatico, una visione condivisa di crescita e sviluppo, come è avvenuto in altri momenti cruciali della nostra storia. Non trovare una percorso comune con le parti sociali aprirebbe una stagione di conflitti, con inevitabili ripercussioni sulle condizioni della stabilità politica, economica e sociale.

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